venerdì 9 marzo 2012

Il Castello di Antignano

La Pieve di Santa Lucia inglobata nella struttura del Castello, al centro dell’attuale “Caciaia”
Ben poco rimane del Castello dell’Antignano
Dal castello all’albergo di lusso ed all’elegante condominio

Il Castello di Antignano (detto anche Forte di Antignano) è la rocca ubicata, lato monte, all’estremità sud dell’omonimo viale, proprio di fronte al tratto di mare che gli antignanesi sono soliti chiamare “la pompa”, spesso frequentato da amanti di surf e body-surf per le generose dimensioni delle onde che si creano a seguito delle frequenti mareggiate di libeccio: a scaduta, come si dice. La cinta del castello si estende verso l’interno e racchiude un ampio cortile, Piazza del Castello, nota come la “Caciaia”, al centro del quale si trova la Pieve di Santa Lucia, la parrocchia di Antignano prima che fosse trasferita nella chiesa di Banditella, tanto sontuosa quanto poco rappresentativa dell’umiltà predicata dal Cristo.
Attualmente il corpo principale del vecchio castello, fronte mare, è un elegante condominio, laddove le ali nord e sud e gli scorci del lato ovest sono adibiti a dimore più modeste. Precedentemente al suo attuale aspetto ed utilizzo, la famiglia Cremoni, proprietaria dell’immobile, aveva a suo tempo trasformato detto corpo principale in albergo di lusso frequentato da villeggianti di un certo rango fin dal 1878, allorché L’Antignano godeva di una discreta fama di località di villeggiatura; il rivellino triangolare fu invece adattato a grande terrazza da cui godere i panorami mozzafiato che il sole al tramonto genera sul nostro amato Tirreno.
Ma facciamo un passo indietro. Pur non esistendo testimonianze o documentazioni certe, il castello, di cui rimangono ben pochi resti, potrebbe essere il terzo fortilizio costruito ad Antignano nel corso dei secoli. Un primo edificio fortificato, utilizzato altresì per il ricovero delle truppe dislocate in loco, risalirebbe all’epoca dei romani, impegnati nella tutela delle coste dell’alto Tirreno contro le numerosi scorrerie piratesche. Andato distrutto per incuria, per le numerose incursioni barbariche o semplicemente per l’inevitabile incedere del tempo, un altro forte potrebbe essere stato costruito intorno all’XI o XII secolo a protezione del villaggio e della chiesa, già esistente fin dall’anno 1000 o giù di lì. A testimonianza indiretta della sua esistenza, durante un attacco del 1484, le navi genovesi in guerra contro i fiorentini avrebbero fatto sosta sotto Montenero, nei pressi dell’Antignano, prima di attaccare la torre del Marzocco: evidentemente l’attacco alla torre sarebbe avvenuto a seguito della distruzione del forte in questione.
Nella seconda metà del 1500, il Granduca di Toscana Cosimo I de’ Medici, dopo aver riassestato le campagne promuovendo la coltivazione di vigne, uliveti ed agrumeti, avvertì la necessità di costruire una fortezza sul litorale del piccolo paese dell’Antignano, allora entità ben definita e non ancora inglobato nella realtà rionale labronica, allo scopo di riorganizzare i sistemi difensivi e d’avvistamento della zona litoranea. Il Granduca affidò l’incarico di redigere il progetto al capitano Raffaello Guerrazzi di Castelfranco, già di stanza presso la Fortezza Vecchia con l’incarico di comandante, ed i lavori presero il via nel 1560 all’intorno della preesistente chiesa di Santa Lucia. Secondo l’opinione comune, la Pieve di Santa Lucia sarebbe stata eretta già nel XII secolo (o, come detto, addirittura in precedenza) e restaurata, o riedificata, intorno al 1370, come sembrerebbe dimostrare la lapide tuttora affissa sul muro della chiesa stessa. Proprio quello sarebbe l’anno in cui Papa Urbano V, durante una sosta del suo viaggio da Roma ad Avignone, consacrò la Pieve a Santa Lucia, martire siracusana. Il granduca Cosimo I avrebbe fatto ampliare, o addirittura ricostruire, la pieve in base alle esigenze del castello appena edificato e, nel 1575, sotto il successore granduca Ferdinando I, la chiesa sarebbe stata riconsacrata ai Santi Cosimo e Damiano per opera dell’arcivescovo di Pisa Pietro Giacomo Borbone (come attesta una pergamena rinvenuta durante la ricostruzione dell’altare intorno al 1931).
Secondo altre fonti, invece, la lapide in oggetto sarebbe stata distrutta e successivamente sostituita da un’altra, in tutto simile alla precedente tuttavia priva di fondamento storico. La prima chiesa eretta all’Antignano sarebbe stata ordinata dal granduca Cosimo I de’ Medici con lo scopo di servire il castello (la cui costruzione è terminata nel 1567). La consacrazione ai Santi Cosimo e Damiano dopo la dipartita del granduca Cosimo I, invece, sarebbe confermata anche da questa seconda ipotesi. L’attuale denominazione di Pieve di Santa Lucia, risalirebbe a tempi molto più vicini a noi, al 1799 allorché il “titolo” fu trasferito dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie (il Santuario di Montenero) dove era stato temporaneamente trasferito nel 1781 a causa della rovina dell’edificio di Santa Lucia di Ardenza (G. Ciccone: Note storiche sulla chiesa di Livorno. Un benvenuto al nuovo vescovo, in Il Pentagono, n. 12, anno X, dicembre 2007, p.10).
Indipendentemente dalle controverse informazioni sulle proprie origini, attualmente la Pieve di Santa Lucia si trova inglobata in quella che, in origine, era la cinta muraria del Castello dell’Antignano in cui trovavano posto, oltre che gli appartamenti per i granduchi, anche gli alloggi dei lavoranti, della guarnigione ed i locali adibiti ad officine e laboratori.
Il castello, dunque, fu terminato non prima del 1567, come esposto da Benvenuto Cellini allorché, durante un’escursione a cavallo in compagnia del granduca, era giunto a circa 4 miglia a Sud di Livorno nel luogo in cui si stava costruendo un piccola fortezza. La struttura del forte prevedeva quattro bastioni, uno per angolo e due vie d’accesso, una lato mare e l’altra a monte (tuttora esistente).
Percorrendo in senso antiorario il perimetro quadrangolare delle mura del castello, a partire dal corridoio d’accesso situato a metà dell’ala est, al vertice nord est s’incontrava il bastione della Fonte (magari aveva già a che fare con la Fonte Vecchia, vedi “Corriere di Livorno” del 28 febbraio 2008) poi il bastione della Fornace a nord ovest (per la presenza di due fornaci probabilmente necessarie alla produzione dei materiali utilizzati nella costruzione del forte, attualmente di fronte all’omonima via), il bastione della Campana a sud ovest per terminare con il bastione del Giardino a sud est (verso Via Duca Cosimo, che prosegue in via dei Giardini, per la fastosa villa anch’essa edificata per volere del granduca). In epoca successiva un rivellino a forma triangolare, quello poi trasformato in terrazza dalla famiglia Cremoni, fu costruito sul lato prospiciente il mare per ospitare l’artiglieria pesante.
Da un resoconto del 1749 del colonnello Odoardo Warren, direttore generale delle fortificazioni di Toscana, l’armamento del forte era così composto: tre pezzi del calibro di 4 libbre, 2 da una libbra, sei spingarde, sedici moschetti a miccia e varie munizioni, mentre la guarnigione era composta da 1 Castellano (uff.), 1 caporale, 1 cannoniere e tredici soldati tra fissi e rinforzi (dal sito www.lalivornina.it).
            Ancora nel 1846 Piero Volpi, nella sua Guida del Forestiere per la città e contorni di Livorno, utile ancora al livornese che brama di essere istruito dei particolari della sua patria (Livorno 1846, p.236), rammenta un presidio militare a testimonianza del mantenimento dell’architettura originale del castello; è quindi in epoca successiva che va registrata la cessione della struttura ad identità private che ne modificarono la conformazione rendendola più confacente alle esigenze di dimora privata. Come già citato, il fronte a mare fu trasformato in albergo dalla famiglia Cremoni mentre il rivellino, pur mantenendo pressoché intatta la struttura originale, divenne un’ampia terrazza ed i locali sulle ali del castello furono adibiti ad abitazioni civili esistenti ancora adesso. Tra i più anziani, c’è chi ricorda officine e box allestiti nelle rimesse dell’albergo Cremoni all’epoca della Coppa Montenero, gara automobilistica degli anni 20-30, fregiata anche del titolo di Gran Premio d’Italia. La ristrutturazione dei locali dell’albergo ad unità per uso abitativo è stata la più recente e, almeno per ora, definitiva modifica.


Ermanno Volterrani, 11-03-2008