venerdì 18 aprile 2014

I Bagni Roma di Antignano

Il mistero della conformazione a croce del primo piano
Quando Armandino giocava a calcio ai Bagni Roma
Anche il grande Picchi fu frequentatore dello stabilimento

In antichità lo chiamavano “il Bagno del Forte”, a quanto afferma Andrea Picchi, il titolare, con la sorella Rosella, dello stabilimento balneare “Bagni Roma” ad Antignano. Più che probabile  la relazione con il castello di Antignano anche se è difficile credere che già all’epoca fosse consuetudine recarsi in spiaggia, tuttavia un qualche collegamento deve pur esserci stato. A testimonianza di un utilizzo storicamente diverso della struttura, Andrea mostra la strana conformazione interna del fabbricato principale, attualmente adibito a ristorante e bar. In origine esso era costituito da una singola stanza terra-tetto successivamente restaurata da
Mario Picchi, il padre dell’attuale titolare, autore di un soppalco in muratura per ottenere due utili piani; l’accesso al secondo piano è tuttora consentito da una stretta scala a rampe di pochi scalini che, originariamente, serviva per raggiungere l’ampia terrazza sul tetto dell’edificio. Il novello primo piano della costruzione ha un’inquietante conformazione a croce che potrebbe dirla lunga sul suo reale utilizzo in tempi antichi: ipotizzare l’esistenza di una chiesetta o di una cappella a disposizione degli abitanti del forte dell’Antignano è di per se piuttosto facile. Tra l’altro i soffitti a volta multipla della stanza, uno per ogni ramo della croce convergenti su quello maggiore del corpo centrale, sono architettonicamente ben congeniati, estremamente attraenti e meritevoli d’indagini più approfondite. La stanza è praticamente in disuso laddove, al contrario, la terrazza a pari livello del lato sud è a disposizione del ristorante. Uscendo dal fabbricato, Andrea ci mostra l’annosa targhetta del numero civico 31, affissa sulla sinistra del portone d’ingresso, di un viale Principe di Napoli il quale, nel lontano 1918, si tramutò in Viale Vittorio Emanuele III destinato a sua volta, nel 1946, ad assumere l’identità definitiva dell’attuale Viale d’Antignano.
La giornata di libeccio e le avverse condizioni meteo non favoriscono di certo una visita sulle 2008”.
piattaforme adibite, in estate, alla sosta dei 230 ombrelloni e di una quantità non identificabile di bagnanti,
tuttavia è facilmente intuibile un certo fermento nei lavori di preparazione per la stagione estiva. In particolare Andrea ci mostra il cantiere per la ricostruzione della coppia di blocchi di cabine più vicini al mare, distrutta durante l’ultima libecciata, quella che ha colpito il nostro litorale il 21 marzo scorso. Dopo aver abbattuto e poi scavalcato i macigni della diga di sbarramento per un tratto di una quindicina di metri, la potenza dei marosi si è riversata sulla piattaforma in cemento armato a discapito delle cabine in questione delle quali rimane ormai solo un ammasso di detriti. “Il braccio di mare qui davanti è assolutamente privo di secche o piane sommerse che attenuino la forza delle onde che, di conseguenza, si riversano a riva con tutto il loro impeto.” – Specifica Andrea – “Tuttavia non tutti i mali vengono per nuocere, infatti, questa è anche la ragione per cui il nostro mare è sempre estremamente pulito, tanto da essere stato decorato con la Bandiera Blu per il 2007 e da esserne in lizza anche per il
Nel descrivere i lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione, emerge un progetto di riqualificazione del bagno, verosimilmente attuabile già prima della fine dell’anno in corso, che prevede la costruzione di una piscina naturale, la ristrutturazione del gabbione e la dotazione di parte delle cabine di una
doccia privata. A proposito dei frequentatori dell’impianto, Andrea sottolinea come le famiglie con i bambini piccoli siano le più numerose. “I bambini rimangono da noi fino all’età di dodici anni,” – sottolinea – “poi se ne vanno, invogliati dagli stabilimenti maggiormente frequentati da adolescenti e, in genere, se ne ritornano all’ovile dopo che sono diventati genitori. Il nostro bagno è particolarmente adatto ai bambini piccoli. Nella zona più protetta dell’area balenabile, l’acqua è bassa ed i nostri animatori, titolari della qualifica d’istruttori federali, sono in grado di gestire le esigenze dei più piccini integrando, ove possibile, utili lezioni di nuoto. Non che i grandi siano lasciati in disparte, abbiamo anche una scuola sub, tuttavia i bambini sono quelli maggiormente desiderosi d’attenzione”. La piscinetta di cui si parla non è altro che la zona in cui le vecchie foto mostrano un grande tendone chiaro, utile alle signore per scendere in acqua senza scatenare sconvenienti impulsi carnali nella componente maschile dei frequentatori del bagno.
Andrea si ricorda volentieri degli anni sessanta allorché il compianto Armando Picchi era solito frequentare i bagni del cugino, spesso accompagnato dai colleghi dell’Inter o da quelli della Nazionale di cui faceva parte. “Era un asso nel gabbione e a mestola. La formazione dei cugini Picchi, Armando, suo fratello Mario (omonimo di mio padre) ed io, era sempre protagonista del torneo estivo che abbiamo vinto per ben tre volte aggiudicandoci il trofeo in via definitiva (come succedeva per la vecchia Coppa Rimet di calcio). Armando, in genere assumeva la posizione centrale e lasciava a noi il ruolo di comprimari ergendosi ad assoluto protagonista della partita”.
In onore del padre, Andrea organizza ogni anno la Notata Longa, una manifestazione dal carattere agonistico, ma dallo spirito goliardico, a cui partecipano nuotatori di ogni grado di preparazione ed età. La partenza della competizione è, alternativamente, dai Bagni Sama o dai Tre Ponti tuttavia l’arrivo è un punto fisso: i Bagni Roma. Dulcis in fundo, nell’albo dei ricordi dei Bagni Roma spunta il contributo all’ultima conquista del gozzo a dieci remi da parte del rione dell’Antignano, nel 1997, e non si esclude la possibilità di un nuovo intervento per un eventuale tentativo di riconquista.

L’apertura dei Bagni Roma per l’anteprima della stagione estiva è prevista per Santa Giulia tuttavia, a partire dal prossimo 23 aprile, l’impianto sarà a disposizione degli equipaggi che parteciperanno al 25° Trofeo Accademia Navale, quale base d’appoggio al Moletto d’Antignano, sede di parte delle regate.
Ermanno Volterrani, 19 aprile 2008

giovedì 23 gennaio 2014

La macelleria di Sansone

Piera Piram ricorda i tempi in cui aprì col marito l'attività al Mercato Centrale

Quando Piera Piram e Gino Chiapponi, ancora fidanzatini, misero piede per la prima volta sulla pedana di legno dietro il banco N° 21 della macelleria al Mercato Centrale, era da poco passata la guerra. Armando, il padre di Piera, proveniva da una famiglia di affermati norcini, titolari di un’avviata attività in Piazza dei Mille, e pensò bene di rendere i due giovani partecipi della nuova coinvolgente avventura. Al vecchio Piram spetta la palma del primo assoluto in Toscana, e Piera azzarda forse addirittura in Italia, ad importare carne di manzo e vitello congelata dalla lontana Repubblica Argentina: una svolta per il modo di pensare e, soprattutto, di mangiare delle famiglie appartenenti ad ogni classe sociale. Con l’avvento di quel tipo di carne, dal prezzo decisamente più abbordabile rispetto a quella fresca, anche chi era soggetto alle ristrettezze economiche conseguenti  al secondo conflitto mondiale e, di conseguenza, ad una dieta più povera, poteva permettersi una buona bistecca un po’ più di frequente.
“Lo smercio della carne, di qualsiasi taglio, era talmente celere da non rendere necessario l’utilizzo di un bancone congelatore,” – racconta Piera – “infatti abbiamo acquistato il primo banco-frigo solo alla fine degli anni sessanta. Non si faceva in tempo a metterla sul banco che spariva in men che non si dica. La clientela era molto varia tuttavia i più danarosi approfittavano della carne congelata per fare voluminose scorte laddove i meno abbienti riuscivano a permettersi una bistecca o un pezzo di lesso in più”. Con l’idea della carne congelata, il Piram servì da spunto ai macellai di tutta la Toscana che approfittarono della novità per allestire giri d’affari a raggio sempre più ampio: i più intraprendenti, come i Catalani di Figline Valdarno, imbastirono reti di distribuzione ancor oggi sulla cresta dell’onda.
“Ognuno in mercato aveva un soprannome:” – continua Piera – “Vitellone, Boccino, Veleno, Ricciolo, Pipino, Cicci, Baceci… nessuno usava il nome di battesimo, a testimonianza della grande famiglia di cui facevamo parte. Il mio Gino lo chiamavano Sansone, appellativo nato allorché da ragazzo sfoggiava una capigliatura folta e fluente, oltre ad un fisico davvero invidiabile, e se l’è portato dietro finché non abbiamo lasciato l’attività”. Gino è stato un atleta vecchio stampo, già Campione Italiano Militare dei 100 metri piani, della classe “S” di Vela, atleta della compagine rugbistica labronica e, ciliegina sulla torta, niente popò di meno che tedoforo in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960. Piera tradisce un inevitabile moto di commozione, nel ricordare il brillante passato agonistico del proprio consorte, della cui compagnia il destino l’ha privata meno di otto mesi fa.
Prima dell’alba i macellai scaricavano dai camion dei fornitori i quarti posteriori interi, detti “pistole”, per la particolare conformazione, e subito cominciavano a lavorare la carne. “Ci recavamo in bottega fin dalle quattro e mezzo del mattino, per preparare le forniture per i ristoranti e le mense oltre che per i clienti abituali il cui afflusso iniziava già verso le sette. Gino era particolarmente abile nel taglio delle varie partiture di carne. La sua particolare propensione consisteva nell’individuare sempre il fascio muscolare giusto dopodichè, col coltello, praticava una piccola incisione nel quarto di manzo impercettibilmente scongelato, ed infine a forza di scalpello e martello spartiva i vari tagli. Con i pezzi duri come il marmo, individuare il verso giusto era fondamentale. Solo negli anni settanta cominciammo ad importare i pezzi già spartiti”. Si scioglie allorché rammenta l’abilità del consorte nel taglio delle bistecche: due colpi opportunamente assestati alla lombata e la bistecca cadeva sul massiccio tagliere di legno. “Era capace di colpi talmente precisi che non si sbriciolava neanche l’osso e si poteva ricostruire la lombata intera, riaccostando le bistecche appena tagliate”.
E che dire dei “chiodi”? Più di un cliente accumulava piccoli debiti con la promessa di un saldo che non sempre è ha avuto buon esito. “Un quadernetto nero conteneva la lista degli inadempienti, ma non eravamo mai in pari: quello li prometteva, quell’altro spariva dalla circolazione, un altro ancora doveva pagare il mutuo… era più l’ammattimento a star dietro a chi ci doveva dei soldi del guadagno. Alla fine, estrema ratio, decidemmo di azzerare la situazione: il libro nero finì nella spazzatura e non concedemmo mai più credito a chicchessia”.
Ai tempi in cui il Mercato Centrale era al massimo dello splendore, il sabato era il giorno della settimana di maggior impegno, per i commercianti, cosicché il venerdì veniva osservato orario continuato proprio per preparare la merce in previsione del pienone del giorno successivo. All’ora di pranzo, immense tavolate accoglievano tutti i protagonisti della giornata ed ognuno contribuiva per quello che era di sua pertinenza: chi metteva la carne e chi il pesce, qualcuno pensava alla pasta ed altri al sugo o al formaggio e la frutta ed il pranzo di venerdì finiva per assumere i connotati di una ribotta vera e propria con tanto di sfottò e baldoria come si trattasse di una festa. “I più ingordi si sfidavano a chi mangiava di più adducendo stomaci dalle capacità infinite. Abbiamo visto qualcuno che si è spolverato un intero chilo di pasta, per una sfida del genere” – racconta Piera con un pizzico di malinconia per quei momenti di svago ancorché alternati a faticosi ed impegnativi tour de force: “quando i film erano in bianco e nero ed i sogni erano a colori”, come si è sentito dire da qualcuno.
Una decina d’anni fa i coniugi Chiapponi hanno pensato bene di godersi la conseguita pensione decretando, di fatto, la cessazione dell’attività della Macelleria Piram: “Ora, al posto della macelleria c’è una polleria”. – Conclude Piera – “Abbiamo lasciato a malincuore, per certi versi, e solo la prospettiva della tranquillità ed il meritato riposo, dopo cinquant’anni di onorato lavoro e molti sacrifici, ci ha fatto compiere il passo definitivo”.

Ermanno Volterrani, 12.04.2008